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In poche parole, si può dire che la nascita della società coincida con la nascita del confine stesso: quando gli esseri umani superano la fase di cacciatori-raccoglitori, per entrare in quella di agricoltori-allevatori, stabilendosi in insediamenti stanziali, tracciano un limite che sancisce nettamente la differenza fra un “dentro” e un “fuori”.

Non è un caso che il confine sia spesso presente, protagonista, tanto della storia quanto della leggenda.

La Storia di Roma tramanda la vicenda di Romolo, che uccise il fratello Remo, colpevole di aver attraversato armato il pomerium, il solco sacro, neonato confine della Roma appena fondata. Più avanti, gli stessi romani crearono il concetto di limes, il confine, spesso fortificato, che divideva l'Impero dai nemici.

In maniera simile, per la Cina, la Grande Muraglia segnava la fine del Regno di Mezzo, il mondo civilizzato, e l'inizio delle terre dei barbari.

I Greci parlavano delle Colonne d'Ercole: durante una delle sue Fatiche, il semidio figlio di Zeus le avrebbe erette per indicare l'estremo limite del mondo dei mortali.

Parlando di confine, è necessario, però, anche mettere in luce il ruolo svolto dalla natura.

Nel 380 dopo Cristo, l'imperatore Costantino emana l'Editto di Tessalonica, in cui dichiara il cristianesimo religione di Stato e rende illegale il paganesimo.

Nasce così un confine culturale: da una parte la città, luogo dell'ordine sociale e naturale, dall'altro il villaggio, luogo del primitivo e del selvaggio, tanto a livello social-religioso (il termine pagano deriva proprio da pagus, il piccolo centro rurale) quanto naturale, con il bosco simbolo della natura incontrollata, violenta e pericolosa.

Questa divisione ritorna per tutto il Medioevo, fino all'Età moderna: se la città è il luogo dove la ragione e l'ordine imperano, il bosco è il luogo del magico, del misterioso e del demoniaco. Il bosco è il luogo dove il protagonista/eroe delle fiabe incontra il suo avversario, che sia la strega cannibale di Hansel e Gretel o il lupo di Cappuccetto Rosso.

L'unica forma di natura accettata è quella purificata: l'orto recintato, l'hortus reclusus, simbolo della natura “vergine” e difesa (controllata) dalle mura dei conventi.

Tuttavia, i confini non sono impermeabili: a volte, città e natura entrano una nel territorio dell'altra, come il lupo, per secoli identificato come elemento pericoloso e selvaggio, che penetra negli ovili a predare gli armenti allevati dall'uomo.

A volte, però, il confine si ribalta, invertendo i ruoli di buono e cattivo. Tra il Quattro ed il Cinquecento, i racconti degli esploratori in Asia, Africa ed America riaccendono vecchi miti della purezza delle origini, come l'Età dell'oro nella religione greca ed il Paradiso Terrestre per i cristiani.

I viaggiatori descrivono infatti luoghi dove la natura è incontaminata ma generosa e dove gli uomini vivono in armonia con essa e tra di loro, liberi dal bisogno e dalle vergogne (come quelle della nudità) tipiche del mondo organizzato. Il confine rimane, ma i valori si scambiano di posto: la natura diventa buona, poiché pura e la città si fa sinonimo di male e corruzione.

Oggi, epoca in cui le tradizioni e la cultura influenzano sempre meno la vita dell'uomo, il confine resta solamente un elemento strettamente connesso ad interessi politici o puramente materiali. Il risultato che appare ogni giorno sotto i nostri occhi è una compenetrazione continua tra città e natura, dove la prima imbriglia fortemente la seconda...ancora una volta i ruoli si sono ribaltati!

Un'alternanza caotica di verde e cemento, una lotta continua per il possesso di un territorio che pare non bastare mai. Lotta dell'uomo con la natura, lotta dell'uomo con l'uomo. Confini che si infrangono, nella catastrofe ambientale o bellica che sia, per poi ricostituirsi, magari modificandosi appena. E in tutto questo, le persone che seguono indefesse la loro incessante routine quotidiana, sottostanno all'avvicendarsi degli eventi, osservando curiose un nuovo arrivato da qualche posto lontano, camminando dal marciapiede al prato, consapevoli o no di varcare, in ogni caso, un confine.

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